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Risultati da 21 a 30 di 370

Discussione: Dicembre '20 - si vedranno delle fasi fredde..?' scopriamolo !

  1. #21
    Andrew
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    come cambiano le cose .. … eehhh……… ……!!!!

  2. #22
    Andrew
    Guest

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    Allora, specifichiamo bene a cosa servono certe mappe degli ENTI EURO E DEL GLOBO :


    LE MONTHS MAPS and FORECAST :

    Sono mappe tendenziali di "massima" , ossia d'interpretazione moooolto larga. Esse tengono conto solo d'alcuni tra i magg. parametri.

    Ma non di .. … ..TUTTI ! Non tanto delle Sst emisferiche né dell'andamento dell'onda P.

    Per cui hanno affidab. non superiore al 55-60% ma possono risultare facilmente .. … ..FAILED !

  3. #23
    Andrew
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    Onda del Jet che puo' orientarsi all'improvviso cosi' come in questa carta :

  4. #24
    Andrew
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    E la causa sarebbe questa , in tal caso .. ​e cio' NON E' ASSOLUTAMENTE PREVEDIBILE A LONG RANGE .. .. ..[ puo' riuscirci solo l'A.I. con i dati corretti e software apposito ..]

  5. #25
    Andrew
    Guest

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    ED IL MACH. LEARN. CI DA' UNA FLEBILE [ X ORA..] POSSIBILITA' : ​VEDREMO CON GLI UPDATE IN SETTIMANA

  6. #26
    Andrew
    Guest

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    IMPROVVISA VIRATA DELLA Q.B.O. - DA WESTLIERS AD EASTL. E' PERO' UN'INDUBBIA MINI-PHASE : MA AVRA' IL SUO PESO.

  7. #27
    Andrew
    Guest

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    La direzione e la forza dei venti medi zonali nelle zone tropicali sono dominate dal fenomeno conosciuto come Quasi Biennial Oscillation (QBO), fenomeno che interessa la bassa stratosfera equatoriale. I venti zonali nella parte bassa della stratosfera equatoriale,variano la loro direzione da est a ovest a altitudini superiori ai 30 km, con le fasi orientali ed occidentali che tendono progressivamente a scendere verso il basso con l'altezza, in modo che i venti orientali ad un certo punto si troveranno sopra i venti occidentali e i venti occidentali si troveranno ad un certo punto sopra i venti orientali.
    Il periodo medio in cui i venti cambiano la loro direzione, è di circa 28 mesi, anche se il periodo tende a variare da circa 20 a 30 mesi.I venti più forti da est (Easterlies) raggiungono circa i 30 m s-1, mentre i venti più forti da ovest raggiungono tipicamente i 20 m s-1. I venti occidentali tipicamente iniziano a scendere nel periodo compreso da giugno ad agosto, anche se questa non è una regola fissa.
    Di seguito la serie mensile dei due indici la quale può essere reperita dal sito del CPC della noaa: https://www.cpc.ncep.noaa.gov/data/indices/

  8. #28
    Andrew
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  9. #29
    Andrew
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    Queste seppur temporanee oscillazioni sono cmq delle anomalie di comportamento dell'Index che molto probabilmente risente della fase estremam. bassa dell'attivita' Solare, perché non è da ora che l suo comportamento sia alquanto strano. Io francamente non credo né penso ad una virata decisiva verso Westl. Conditions ma seppur momentanea in senso di qualche settimana o un mese , essa puo' avere dei condizionamenti come ho accennato sulla ciroclaz. emisferica.

  10. #30
    Andrew
    Guest

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    O.T. FUORI THREAD :CLIMA & STORIA , FACCIAMO IL PUNTO SU D'UN PERIODO DI SIMIL PHASE EL NINO: ANNI '40 E VEDIAMO LE CORRELAZIONI CON L'EMISFERO BOREALE ANCHE IN RELAZIONE ALLA QBO E ALLA BREWER &DOBSON CIRCULATION -
    Le particolarità climatiche degli inverni anni 40 -
    FU UNA COINCIDENZA O EL NINO?
    Cosa provocò l’anomalia climatica del ’40-’42? Fu semplicemente
    la coincidenza di un forte Nino riguardante la regione del Pacifico concomitante ma senza relazione con le variazioni climatiche nel settore Atlantico-Europeo ? O furono le anomalie in Europa e nella stratosfera in relazione con il Nino? Le caratteristiche nella zona del Pacifico-America settentrionale possono essere spiegate in larga misura dal Nino attraverso i cambiamenti nella circolazione di Hadley e la generazione di onde di Rossby. Queste relazioni sono relativamente ben documentate. I possibili effetti del Nino sull’Europa sono meno certi. Secondo diversi studi di osservazione e di modelli, i segnali invernali del Nino in Europa consistono in fredde temperature nel nord Europa, alta SLP dall’Islanda verso la Scandinavia e bassa SLP sull’Europa centrale ed orientale.Inoltre si è scoperto che intensi El Nino sono associati con un debole vortice polare e più frequentemente con maggiori riscaldamenti stratosferici. Quindi, tutte anomalie trovate nel periodo ’40-’42, sia al suolo che nella stratosfera ,sono in conformità con un possibile effetto del Nino. Tuttavia altri studi non trovano segnali consistenti e i risultati sono controversi, o perfino a volte contraddittori. Rilevare un segnale del Nino in Europa, lontano dalla sua regione, è difficile perché la variabilità della circolazione extra tropicale settentrionale è molto ampia ed allo stesso tempo il numero di eventi significativi collegati ad esso è esiguo. Inoltre, violente eruzioni vulcaniche come pure l’effetto serra di origine antropogenica e l’impoverimento della quantità di ozono nella stratosfera possono interferire col un effetto del Nino, in particolare nei decenni più recenti. E stato inoltre suggerito che lo stesso segnale non sia stazionario ovvero l’effetto del Nino sul clima europeo non sia lo stesso in momenti differenti. Quasi certamente,dipende dallo stato e dalla storia della circolazione sul settore Atlantico-Europeo al momento dell’inizio del Nino. Fino ad un certo punto, questa incertezza nell’ampiezza globale degli effetti del Nino è anche riflessa nelle nostre serie di dati selezionate. Analizzando i dati degli ultimi 50 anni appare chiaro che non tutti i Nino mostrano le stesse caratteristiche come quello del ’40-’42. C’è la tendenza per gli eventi dovuti al Nino di essere associati con temperature inferiori alla norma nell’Europa nord orientale, con una debole bassa Islandese e una forte bassa Aleutina,un debole vortice polare( altezza Z100) e un totale di ozono al di sopra del normale ad Arosa. Ad esempio, i Nino del ’69-’70, ’76-’78, ’86-’87, e in una certa misura il ’97-’98 dimostrano questo comportamento. Una tendenza opposta si osserva per gli eventi legati alla Nina. Tuttavia, altri intensi eventi dovuti al Nino mostrano un diverso modello. I modelli climatici offrono una via alternativa di studiare le possibili relazioni tra El Nino, il clima del nord Pacifico ed Europeo, e la stratosfera settentrionale. Analizziamo i 650 anni del modello di controllo dell’andamento di associazione climatica(CCSM-2.0). Il modello consiste di moduli di oceano, atmosfera, superficie terrestre, e ghiacci marini e produce una variabilità realistica e “naturale”, includendo una buona rappresentazione del Nino. Dai risultati del modello, la stessa serie come mostrato per l’osservazione furono calcolate ,livellate con una media di movimento di 2 anni e analizzate facendo attenzione ad i loro estremi. Riguardo al Nino (NINO3.4), i tre picchi maggiori sono comparabili a quelli degli anni ’40, non solo per l’intensità (serie livellate >1.2 degC),ma anche per la durata(25-37 mesi consecutivi >0°) e valori massimi(2.4-2.6 degC,che è leggermente più forte che nel ’40-’42). Ognuno dimostra tutte le maggiori caratteristiche del periodo ’40-’42 con intensità comparabili, cosa veramente degna di nota. Per ottenere un campione più ampio di forti El Nino è stata abbassata la soglia. I picchi degli 11 NINO3.4 al di sopra dei 0.9 degC (comparabili con gli eventi del ’97-’98 o del ’86-’87) mostrano deviazioni molto significative rispetto a tutte le serie analizzate (lo stesso risultato viene ottenuto indirizzando la scala ad anno per anno, focalizzandosi solo sugli inverni). Ciò è riprodotto in fig.10, dove sono esposte le serie composite , incentrate sul picco dell’indice livellato NINO3.4 e i loro intervalli di sicurezza al 95%. Ognuno degli 11 intensi El Nino fu accompagnato da una TEURO, La bassa Islandese e il vortice polare stratosferico furono indeboliti rispettivamente in dieci e nove casi. Le stesse caratteristiche anomale del 1940 appaiono costantemente nel modello. I campi di anomalia media del suolo e quelli a 100 mb nei Nino selezionati nel modello (11, periodi di 2 anni, perciò corrispondente all’anno 0 fig.10 a destra) sono mostrati in fig. 11. Un raffronto di questa figura con la n. 7 rivela forti similarità. Ricapitolando, la maggior parte delle caratteristiche dell’anomalia climatica del ’40-’42, al suolo così come nella stratosfera, sono prodotte da un modello climatico associato durante forti e prolungati eventi dovuti al Nino. Questo dimostra che la concomitanza degli estremi climatici nel Pacifico tropicale e settentrionale, in Europa, e nella stratosfera settentrionale nei primi anni ’40 non fu una coincidenza. Piuttosto, essa rappresenta un costante stato estremo del sistema globale troposfera-stratosfera su periodi inter-annuali relativi a forti El Nino. Esso è non solo l’unico modo possibile della circolazione globale , in una condizione di intensi e prolungati El Nino, come mostrano le osservazioni degli ultimi 50 anni, ma anche un modo conforme e ricorrente. IL RUOLO DELLE ONDE PLANETARIE

    Di particolare interesse è l’accoppiamento tra la troposfera e la stratosfera e la relazione tra El Nino e l’ozono totale.
    Sfortunatamente, il modello CCSM2.0 non simula l’ozono totale, ma esso facilita lo studio delle proprietà dinamiche relative all’accoppiamento invernale tra troposfera e stratosfera. Può essere dimostrato che l’anticipo nel medio inverno del flusso meridionale di calore incrementato, generato dal vortice a 100 mb accompagna i più forti modelli di Nino. Questa è una misura per la propagazione verso l’alto dell’attività delle onde planetarie che raggiungono la stratosfera interagendo con il flusso medio. La maggiore attività delle onde è la causa del rallentamento della circolazione zonale (occidentale) e del potenziamento di quella meridionale (verso il polo) nel mezzo della stratosfera riversandosi sulla regione polare. Questo influenza la temperatura stratosferica inferiore e i campi di pressione col risultato di un debole vortice polare e alte temperature nell’Artico in primavera. Inoltre, pulsi di flussi dovuti all’incrementata attività delle onde sono l’innesco per la maggior parte dei riscaldamenti stratosferici, e quindi ci si aspettano riscaldamenti più frequenti. Tutto questo è conforme con le osservazioni dei primi anni ’40. Tuttavia i risultati devono rimanere sperimentali dal momento che i dati degli anni ’40 non permettono il calcolo diretto dei flussi vorticosi di calore. Una circolazione meridionale rinforzata e un incrementato riversamento sulla regione polare influenza anche l’ozono totale.

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