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Discussione: Extreme weather events - climate change

  1. #1
    Andrew
    Guest

    Predefinito Extreme weather events - climate change

    Attribuire singoli eventi estremi al cambiamento climatico: complesso ma Le ondate di calore sono causate dal cambiamento climatico?possibile.
    Gli eventi climatici estremi (precipitazioni molto intense, ondate di calore, siccità prolungate, ecc.) sono uno degli aspetti della scienza del clima che ottiene maggior risalto negli organi di informazione, in parte per i loro impatti immediati ed evidenti ed in parte perché solitamente circoscritti nello spazio e nel tempo, e quindi adatti al formato di un articolo o servizio che si focalizzi su di un singolo fatto di cronaca.Da un punto di vista scientifico, lo studio degli estremi climatici è un campo estremamente attivo, e si potrebbero scrivere libri sul tema – cosa che infatti è stata ripetutamente fatta. Gran parte di questo lavoro rimane “nascosto” agli occhi dei non addetti ai lavori, poiché pubblicato in riviste di settore ed in termini molto tecnici. Un aspetto che però spesso traspare anche negli articoli di informazione è quello dell’attribuzione degli estremi al cambiamento climatico. La questione è spesso formulata nei seguenti termini: “possiamo ascrivere l’evento estremo recentemente avvenuto al cambiamento climatico?”.Il tema è indubbiamente complesso.Attribuire cambiamenti lenti, sistematici ed a grande scala, quali il riscaldamento globale, ad una causa precisa è relativamente facile. Per esempio, possiamo affermare che la probabilità (più precisamente la likelihood, o verosimiglianza(*)) che il riscaldamento globale sia principalmente dovuto alle attività umane è superiore al 95%.

  2. #2
    Andrew
    Guest

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    In questi giorni ricevo molte domande a proposito della connessione fra le ondate di calore e i cambiamenti climatici. In particolare, mi viene chiesto dell’ondata di calore che ha colpito il nord Europa questa estate. Se vivete in Giappone, Corea del Sud, California, Spagna o Canada, potreste esservi posti la stessa domanda.L’analogia delle gocce d’acquaIn ogni caso la domanda è imprecisa, e proverò a spiegarlo con un’analogia. Immaginiamo di stare passeggiando con un’amica e che, sentendo qualche goccia d’acqua, lei mi chieda se sta piovendo.Finché si tratta di poche gocce d’acqua, potrebbe anche essere qualcos’altro. Le rispondo che dovremmo raccogliere qualche altra informazione per arrivare ad una risposta più sicura. Guardiamo il cielo. Ci sono nuvole scure sopra di noi? E cosa dicono le previsioni del tempo?Se sopra le nostre teste ci fossero nuvoloni neri e le previsioni indicassero temporali, potremmo dire con una certa sicurezza che sta cominciando a piovere. Così come la pioggia comincia sempre con poche gocce, allo stesso modo i cambiamenti climatici si manifestano inizialmente con pochi eventi.Analogamente all’osservazione della prima goccia d’acqua, non si può essere sicuri che un’ondata di calore sia un evento anomalo e isolato, oppure la manifestazione di un cambiamento climatico in corso. Bisogna analizzare informazioni aggiuntive.Ci sono diverse informazioni da valutare quando ci si interroga sul collegamento fra eventi meteorologici e cambiamento climatico: (a) l’evidenza statistica, (b) i processi fisici che collegano i differenti aspetti considerati, e (c) gli “studi di attribuzione”.
    Il clima futuro in Italia

    Le proiezioni dei modelli climatici sull’Italia indicano per i prossimi decenni un netto aumento dei valori medi e degli estremi delle temperature; per la tendenza alla diminuzione delle precipitazioni e alla progressiva concentrazione delle stesse in eventi più intensi, i margini di incertezza sono più ampi.
    .
    L’osservazione delle variazioni climatiche del passato recente e in corso e la stima di quelle future costituiscono il presupposto indispensabile alla valutazione degli impatti e alla definizione delle strategie e dei piani di adattamento ai cambiamenti climatici. Se la conoscenza delle variazioni del clima passato e presente si fonda sulle osservazioni e sull’applicazioni di metodi e modelli statistici di riconoscimento e stima dei trend, quella del clima futuro si basa essenzialmente sulle proiezioni dei modelli climatici.
    Per rispondere alla domanda “Quali cambiamenti climatici interesseranno l’Italia nel corso del XXI secolo?” occorre dunque fare riferimento alle attività di ricerca attraverso le quali vengono presentati i risultati dei modelli climatici che riguardano l’area del Mediterraneo e in particolare il nostro Paese. Un esempio recente di questo tipo è rappresentato dall’articolo di Zollo et al. (2015). Nel rapporto dell’ISPRA “Il clima futuro in Italia: analisi delle proiezioni dei modelli regionali”, pubblicato nel mese di giugno di quest’anno insieme alla X edizione del rapporto annuale “Gli indicatori del clima in Italia”, le proiezioni dei modelli climatici sull’Italia vengono invece analizzate e presentate dal punto di vista di un utente primario, piuttosto che di un produttore delle proiezioni stesse. Si è voluto cioè analizzare e confrontare i risultati più aggiornati prodotti da diversi modelli ed esporre in sintesi non solo le stime ma anche gli elementi di incertezza sul clima futuro in Italia. E’ intenzione degli autori anche contribuire a gettare un ponte tra la comunità scientifica che sviluppa e applica i modelli climatici e alcune categorie di utenti finali.

  3. #3
    Andrew
    Guest

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    Come anche certi illustri possono avere le idee confuse o meglio forse, una non corretta info@ dei dati piu' attendibili dagli Enti anche non governativi, perche' la malafede dev'esser sempre l'ultima ipotesi che si debba dare.

    Ecco un estratto da un intervista alla Repubblica del noto fisico delle nubi [ ?''] e del suo testo uscito nel 2011 devo dire con scarso successo ahime' per egli -
    Ancora errori da Franco Prodi sul clima

    In un’intervista pubblicata da Repubblica del 20 maggio, il Prof. Franco Prodi ha affermato che “in questi 50 anni il clima in Italia è cambiato davvero poco”, che il riscaldamento in Italia “è nella media internazionale” e che “non siamo in condizione di prevedere il cambiamento climatico futuro”. I dati e la letteratura scientifica mostrano un quadro molto diverso.
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    È già capitato su questo blog di raccontare le imprecisioni e gli errori in cui incorre Franco Prodi quando parla e scrive di cambiamenti climatici. Numeri sballati, fraintendimenti, che l’hanno fatto diventare il climatologo preferito da Giuliano Ferrara e da chi vuole negare la gravità della situazione climatica.
    L’intervista pubblicata su Repubblica di Venerdì 20 maggio si inserisce nel medesimo filone; un articolo che ha avuto lo spazio di un’intera pagina, con un affermazione in grande risalto nel titolo “Il nostro clima non è cambiato”.
    Il clima è cambiato, eccome
    Nell’articolo il Prof. Prodi sostiene infatti che “in questi 50 anni il clima in Italia è cambiato davvero poco” e che a proposito di surriscaldamento del pianeta “siamo nella media internazionale”.
    Come mostreremo anche nei prossimi post, le cose non stanno affatto così. I dati e la letteratura scientifica disponibili offrono il quadro opposto. Se si considera il periodo di riferimento del Quarto Rapporto IPCC, dal 1906 al 2005, le temperature in Italia sono aumentate di 1,3 °C, il 75 % in più dell’aumento della media globale (0.74°C).

    Sulle precipitazioni non c’è stata una variazione nei valori assoluti a livello nazionale (c’è stato a livello regionale), ma si registra una modifica della frequenza e nell’intensità delle precipitazioni.
    Nel 2009 è stato pubblicato il rapporto “Clima, cambiamenti climatici globali e loro impatto sul territorio nazionale” dell’ISAC-CNR, Istituto diretto in passato anche dallo stesso Prof. Prodi, si legge che “… In Italia, il riscaldamento è stato più intenso: l’analisi delle serie storiche di temperatura e precipitazione nell’ultimo secolo indica che, in area mediterranea, il clima sta apparentemente diventando più caldo e più secco, con precipitazione concentrata in eventi più rari e più intensi“.

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    Nello stesso rapporto si trova scritto che “il bacino mediterraneo emerge chiaramente, e in modo consistente fra i diversi modelli, come una “hot-spot”, ovvero un’area particolarmente sensibile al cambiamento climatico”.
    Dando uno sguardo un po’ più “locale”, si rafforzano ancora di più le conclusioni sul campo termico e diminuiscono anche alcuni dubbi e incertezze sulle piogge. Ad esempio, in Emilia-Romagna, il capitolo sui cambiamenti climatici interno alla Relazione dello stato dell’Ambiente dell’anno 2009, mostra dei risultati così riassumibili:

    – temperature minime e massime in forte crescita: si notano dei trend positivi e molto elevati, soprattutto per le massime (circa 0,25°C/10 anni per le minime e 0,46 °C/10 anni per le massime).
    – aumento della frequenza di occorrenza delle ondate di calore estive .
    – tendenza alla diminuzione delle precipitazioni annue (100 mm di diminuzione nel periodo 1961-2008: più o meno 1/10 di quello che piove mediamente in un anno).

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    L’affidabilità delle proiezioni sul clima
    Il Prof. Franco Prodi sostiene poi che il livello di conoscenza è ancora basso e quindi .. “non siamo in condizioni di prevedere il cambiamento climatico”. È questo un ritornello che il professore bolognese ripete spesso (ad esempio qui e qui) e di cui abbiamo già mostrato l’inconsistenza qui e qui.
    Non sapremo prevedere il tempo di un dato giorno a fine secolo, ma le proiezioni climatiche hanno, pur con le dovute incertezze legate anche a diversi scenari emissivi ancora possibili, una chiara consistenza e rilevanza scientifica secondo tutti i più grandi centri di ricerca che si occupano di climatologia.

    .
    Discriminati i fisici?
    Non nuove sono anche le critiche rivolte da Prodi alla Conferenza Nazionale sul Clima del settembre 2007, a cui il Prof. Franco Prodi ed altri non furono invitati, e se ne dolsero alquanto.
    A distanza di 4 anni, Prodi lamenta per ben due volte che in quella conferenza non furono coinvolti dei fisici (è un progresso: in passato aveva sostenuto che alla conferenza non fu invitato nessuno scienziato). Invece nella conferenza, sono intervenuti numerosi fisici che svolgono ricerca climatica, come Antonio Navarra, Filippo Giorgi, Francesco Nicola Tubiello, Riccardo Valentini, Carlo Cacciamani e Stefano Tibaldi.

    Discriminati i fisici?
    Non nuove sono anche le critiche rivolte da Prodi alla Conferenza Nazionale sul Clima del settembre 2007, a cui il Prof. Franco Prodi ed altri non furono invitati, e se ne dolsero alquanto.
    A distanza di 4 anni, Prodi lamenta per ben due volte che in quella conferenza non furono coinvolti dei fisici (è un progresso: in passato aveva sostenuto che alla conferenza non fu invitato nessuno scienziato). Invece nella conferenza, sono intervenuti numerosi fisici che svolgono ricerca climatica, come Antonio Navarra, Filippo Giorgi, Francesco Nicola Tubiello, Riccardo Valentini, Carlo Cacciamani e Stefano Tibaldi.

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    La politicizzazione della scienza del clima
    Il Prof. Prodi lamenta anche l’influenza della politica nella climatologia (nell’articolo si parla di meteorologia, forse la distinzione non è chiara). «Mi limito a rilevare che dalla fine degli anni Settanta, sotto l´egida delle Nazioni Unite, sono nati organismi che hanno finito per svolgere un ruolo che non è di loro competenza. Da questi organismi si ha notizia di che cosa succederà nell´ambito del clima. Ma in realtà sono organismi politici, non scientifici. Le nomine sono di carattere politico. La scienza procede secondo altre strade: non a maggioranza».
    Sono parole sorprendenti, che assomigliano molto a quelle di un altro fisico, Antonino Zichichi. L’unico organismo corrispondente alla descrizione è l’IPCC, di cui però Franco Prodi anticipa di 10 anni la nascita. L’IPCC è un organismo fondato nel 1988 dall’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM) e dal Programma Ambientale dell’ONU (UNEP) proprio per collegare la comunità scientifica impegnata nella ricerca climatica in vari settori (osservazioni, modellistica, impatti dei cambiamenti climatici, adattamento e mitigazione) ed il mondo dei decisori politici. Questo viene svolto mediante la valutazione della letteratura scientifica mondiale che viene riassunta in rapporti utili per i governi nel deliberare decisioni nel campo delle politiche climatiche ed energetiche. Verrebbe da chiedere: in che senso sono organismi politici? Per quali altre strade procede la scienza? E perché la strada percorsa sarebbe sbagliata, quando accademie e società scientifiche di tutto il mondo hanno riconosciuto il valore scientifico dei rapporti dell’IPCC?
    Continuiamo così, facciamoci del male!
    Insomma, il quadretto che esce dall’articolo di Repubblica, con il professore “
    estraneo alle nomenclature e alle logiche di potere
    ” (ma certo… che potere vuoi che abbia avuto un professore ordinario e direttore al CNR, il potere vero in Italia ce l’hanno i ricercatori o i dottorandi…) che ci racconta di quanto poco il clima è cambiato, quante incertezze abbiamo e di quanto sono politicizzati gli organismi scientifici più importanti sul clima, ebbene, tutto questo non può che ricordare la famosa esortazione di Nanni Moretti: “Continuiamo così, facciamoci del male!”



  4. #4
    Andrew
    Guest

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    La 1a frase d'un uomo di "S"cienza che colpisce è la seguente " Il Clima apparentemente non sembra molto cambiato di quanto non avesse fatto in passato ".... … … ,,, ,


    APPARENTEMENTE .. … .?'' ?'' .. .. …, CHE SIGNIFICA IL TERMINE " apparentemente" .. …?''' Un uomo di Scienza non puo' dirlo nel modo piu' assoluto, visto che QUESTA SCIENZA SI BASA ESCLUSIVAMENTE SUI DATI !

    E NON SULLE APPARENZE !

  5. #5
    ADMIN AND WEATHER EXPERT L'avatar di Fulvio
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    Citazione Originariamente Scritto da Andrew Visualizza Messaggio
    La 1a frase d'un uomo di "S"cienza che colpisce è la seguente " Il Clima apparentemente non sembra molto cambiato di quanto non avesse fatto in passato ".... … … ,,, ,


    APPARENTEMENTE .. … .?'' ?'' .. .. …, CHE SIGNIFICA IL TERMINE " apparentemente" .. …?''' Un uomo di Scienza non puo' dirlo nel modo piu' assoluto, visto che QUESTA SCIENZA SI BASA ESCLUSIVAMENTE SUI DATI !

    E NON SULLE APPARENZE !
    concordo è una sfumatura di non poco conto che rivela un intenzione di svicolare un po dai dati effettivi, un po un non voler ammettere e non voler negare nello stesso tempo.

  6. #6
    Andrew
    Guest

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    Di fatto la Scienza dice questo e non è assolutamente apparente quanto segue ma e' Fisica dell'Atmosfera ed Astronomia. Il clima e la temperatura media della superficie terrestre dipendono dalbilancio tra l’energia solare in arrivo (onde corte) e l’energia in uscita(radiazioni infrarosse) emessa dalla superficie del pianeta. I gas-serraintrappolano parte delle radiazioni infrarosse emesse dalla Terra efanno sì che il pianeta risulti più caldo di quanto non sarebbe altrimenti. La temperatura media annuale, pari a circa 15 °C, sarebbe sottozero senza questo naturale effetto dei gas.La concentrazione di gas-serra quali anidride carbonica, metano, protossido di azoto e CFC è in aumento sin dall’era preindustriale, soprattutto dagli anni Sessanta. L’anidride carbonica è aumentata da 280 a360 parti per milione in volume (ppmv), il metano da 700 a 1720ppmv, e il protossido di azoto da 275 a 310 ppmv. Tutti questi aumentisono chiaramente provocati dalle attività umane connesse in largaparte al consumo di combustibili fossili, all’utilizzo agricolo della terrae ai processi industriali. Ne consegue che anche il cambiamento climatico è in gran misura il risultato delle attività umane, che contribuiscono ad amplificare il naturale effetto serra.

  7. #7
    Andrew
    Guest

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    Nessuna grande "trasfigurazione" dei dati dall'IPCC se ci dice nell'ultimo rapporto che la T° sia aumentata tra i 0.3° ed i 0.6° C. negli ultimi 130 anni ! Negli ultimi 130 anni la temperatura media della superficie terrestre hasubito un innalzamento medio che oscilla tra i 0,3 e i 0,6 °C, comeindicato dall’IPCC, 1995 (vedere figura 1). Analisi più recenti, cheincludono le rilevazioni delle temperature fino al 1999, indicano che latemperatura media globale è aumentata di 0,6 °C nell’intero periododelle rilevazioni, ovvero dal 1860 (Wigley, 1999). Una lettura più attenta mostra che il maggior incremento si è verificato negli ultimi decenni, durante i quali la temperatura media globale è aumentata di circa0, 2 °C per decennio.Dai dati emerge che il 1998 è stato l’anno più caldo mai rilevato nellastoria. I dieci anni più caldi per il mondo - negli ultimi 120 anni - sonotutti successivi al 1981. Tra questi, sei sono successivi al 1990.1Sono emerse una serie di anomalie nelle temperature dell’emisferoboreale (Mann et al., 1999). Un lungo periodo con tendenza al raffreddamento (-0.02 °C/al secolo) prima dell’industrializzazione, probabilmente collegato a cause astronomiche, nel ventesimo secolo diventauna tendenza al riscaldamento. È questo infatti il secolo più caldo delmillennio. Sebbene vi siano delle incertezze riguardo alle ricostruzioniper l’emisfero settentrionale precedenti al 1400, il riscaldamento dell’ultima parte del ventesimo secolo resta evidente, e l’aumento nelleconcentrazioni dei gas-serra è senz’altro la causa più plausibile. Questo insieme di informazioni è la base per concludere che il 1998 è statol’anno più caldo del millennio.I ricercatori del Climate Data Center/National Oceanic and Atmospheric Association (NCDC/NOAA) hanno quantificato la variabilità annuale - decennale del contenuto di calore dello strato oceanico del pianetafino a una profondità di 3.000 metri, per il periodo 1948 - 1998 (Levitus et al. 1999), come illustrato nella figura 2. Il riscaldamento più elevato si è verificato nei 300 metri superiori, con una media di 0,56 gradiFahrenheit (0,31°C). Negli ultimi 40 anni i 3.000 metri superiori sisono riscaldati in media di 0,11°F (0,06°C). Sono stati presi in esamei bacini degli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico. Il Pacifico e l’Atlantico hanno iniziato a riscaldarsi dal 1950 e l’Oceano Indiano dal 1960.Il riscaldamento osservato dello strato oceanico è probabilmente causato da una combinazione di variabilità naturale e di effetti antropogenici.


  8. #8
    Andrew
    Guest

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    Circolazione atmosfericaLe superfici terrestri assorbono meno calore di quelle oceaniche. Eccoperché le temperature superficiali sulla terra reagiscono più velocemente ad un aumento della forza radiativa rispetto alle superfici oceaniche. In un modo o nell’altro, questa differenza di temperaturainfluenza i modelli di circolazione atmosferica, la velocità della distribuzione e della frequenza dei venti, la forza e le traiettorie dei campi dialta e bassa pressione.Un aumento nel numero di aree di bassa pressione è stato rilevato inparte degli Stati Uniti, nella costa orientale dell’Australia e nell’Atlantico settentrionale (Houghton et al., 1996).Un altro fenomeno che almeno in parte è collegato ad un cambiamento nei modelli di circolazione è la relativa siccità nel Nord Africa negliultimi decenni. L’aridità del Sahel è aumentata notevolmente negliultimi 25 anni. Da quando vengono effettuate rilevazioni strumentaliquesto periodo di essiccazione rappresenta il cambiamento più evidente e sostenuto rispetto agli schemi di caduta delle piogge. Probabilmente il fatto è collegato alle modifiche nelle temperature superficialidelle acque marine dell’Oceano Atlantico. Temperature più basse a suddell’Equatore e più alte a nord sono legate a una minore quantità diprecipitazioni nel Sahel. Il cambiamento di temperatura delle acqueoceaniche porta con tutta probabilità ad un cambiamento nella circolazione atmosferica, che a sua volta influenza la quantità di pioggiache cade nel Sahel (Hulme and Kelly.)4Di recente sono stati osservati cambiamenti nelle temperature anchenella parte superiore dell’atmosfera. Le osservazioni, secondo GaryThomas dell’Università del Colorado Boulder, indicano un raffreddamento della mesosfera, l’area compresa tra i 50 e i 90 chilometri d’altezza, con dei valori senza precedenti, pari a quasi 1 °C all’anno nei 30anni passati. Secondo Hans-Friederich Graf, scienziato senior del MaxPlanck Institute for Meteorology di Amburgo. Il clima della stratosfera(lo strato tra 15 e 50 chilometri al di sopra della superficie terrestre) ècambiato nei decenni passati, specialmente sopra l’Artico. Qualitativamente questi dati sono in linea con la teoria dei gas-serra, che riscaldano la troposfera; il calore prodotto a livelli inferiori non riesce a diffondersi verso l’alto e l’atmosfera superiore si raffredda. Il processo èconosciuto come raffreddamento radiativo.Oltre al raffreddamento radiativo anche altri processi hanno un ruolocaratteristico. Shindell et al. (1999) suggeriscono che l’aumento ditemperatura tra i tropici e i poli può essere responsabile per l’ulterioreraffreddamento della stratosfera. Il gradiente di temperatura cheaumenta dai tropici ai poli intensifica la forza e la velocità di un potente vento invernale, “the polar night jet”. A sua volta questo vento puòricevere isolati banchi di aria fredda artica. I cambiamenti nella circolazione atmosferica causati dall’effetto serra possono aumentare il raffreddamento radiativo. Una spiegazione complementare dall rapido raffreddamento della mesosfera è data da Gary Thomas dell’Università del Colorado. Suggerisce che l’evento sia da attribuire ad un fenomeno adonde su scala planetaria.5La conclusione che possiamo trarre è che i cambiamenti rilevanti nellatemperatura e nella circolazione sono probabilmente legati all’aumentato effetto serra. Comunque, molti di questi processi sono compresisolo in parte e l’insieme di dati è troppo limitato per poter trarre delleconclusioni definitive.

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